Nuovi progetti a casa di Gino

Casa di Gino oggi è una comunità educativa per la promozione delle persone in condizione di disabilità e di disagio psichico, come diceva don Guanella per i ‘buoni figli’, quei “ragazzi o adulti che hanno impedite le facoltà intellettuali e che, il più delle volte sono capaci di qualche miglioramento”.

Ospita persone con disabilità intellettiva dai 18 ai 65 anni che hanno, in diverso modo, difficoltà ad affrontare la quotidianità. Alcuni non hanno famiglia, per altri la famiglia non può o non riesce a provvedere. A Casa di Gino possono trovare un ambiente accogliente e confortevole, dove lo stile dei rapporti interpersonali si avvicina il più possibile a quello di una famiglia.

Consapevoli che il concetto di autonomia non può realizzarsi se affianco alla Casa le persone non sperimentano l’esperienza lavorativa, non solo in un’ottica di sostentamento economico, ma anche e soprattutto quale strumento educativo che offre dignità, senso di responsabilità e competenze, stiamo progettando nuovi strumenti per favorire percorsi di inclusione e apertura al territorio.

Il lavoro è lo strumento per la promozione della persona e della dignità di ognuno. Un esempio importante che riteniamo utile per definire l’importanza del lavoro per ognuno e quindi anche per il disabile lo possiamo fare semplicemente pensando a come nella necessità di presentare una persona e cerchiamo di descriverla il primo elemento che raccontiamo dopo il nome e la famiglia di provenienza nella maggioranza dei casi è l’occupazione, “cosa fa nella vita”.

Siamo certi che rispondere contemporaneamente a questi due bisogni (identità personale e lavoro) ci dia la possibilità di raggiungere gli obiettivi che il nostro progetto si pone.

Il nostro modello di intervento pone in modo prioritario la persona al centro, il suo prendersi cura nella quotidianità in relazione a bisogni, alle sue fragilità e risorse.

L'idea: un forno per il pane

Da queste premesse l’idea di realizzare oggi un forno per la panificazione e un agriturismo e domani un mulino presso strutture e ambienti (interni e esterni) di proprietà dell’ente richiedente stesso.
La volontà di avviare queste attività, seppur in EMERGENZA COVID, risiede nel desiderio di offrire nuovi “sguardi di speranza e futuro”, ambiti di occupazione e inclusione per le persone che accogliamo in contesti sicuri e protetti.

Il forno risponde all’esigenza, via via maturata, di lavorare le farine producendo da noi il pane necessario ai consumi quotidiani per le comunità residenziali, per gli operatori e per la comunità dei religiosi.
Si tratta di una filiera completamente interna che partendo dalla lavorazione del terreno arriva alla produzione di derrate per gli animali e alla trasformazione del grano e frumento per la lavorazione di pane e derivati.

La preparazione/cottura del pane costituirebbe, all’interno della nostra realtà, un’attività particolarmente significativa in quanto rappresenta anche il gesto simbolico del prendersi cura di chi condivide con noi la giornata.


Il pane è il risultato di un iter che vede per prima cosa la lavorazione delle farine prodotte con i cereali ed è un punto di partenza quale prodotto di base per le future somministrazioni.

Il prendersi cura degli oggetti, delle attrezzature, dei compagni di lavoro e, soprattutto, di coloro per i quali si prepara e si serve il cibo, costituisce un obiettivo avanzato per i precorsi di abilitazione e inclusione. Preparare e servire il pane rappresenta un’acquisizione di ruolo, consapevolezza di sé e attenzione al mondo esterno fondamentali per la maturazione verso l’autonomia.

Il tutto è pensato all’interno di una filiera interna in cui i prodotti della terra appartengono al nostro contesto e in cui il primo bacino di distribuzione sia la casa stessa per aprirsi poi al territorio ed ad altre realtà sociali.